RADIOGRAFIE E RISONANZA DALL’OSTEOPATA

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RADIOGRAFIE E RISONANZA DALL’OSTEOPATA

Spesso al telefono, nel momento in cui fissa il suo primo appuntamento, il paziente chiede: “devo portare gli esami che ho a casa?”

La mia risposta è “se sono facilmente reperibili li porti pure, meglio avere dati in più che in meno; ma se dovesse smontare mezza casa per trovare la risonanza del 2002 o la radiografia del ’98, non è necessario”.

Poi ci sono quei pazienti che non chiedono, ed arrivano in studio con una cartellina, chi con un quadernone ad anelli, qualcuno anche con una valigetta, contenete una storia clinica fatta di innumerevoli visite, esami e referti.

Nella maggior parte dei casi gli esami non verranno presi in considerazione (nonostante il risentimento di chi li ha collezionati con tanto amore).

Nel momento in cui, ancor prima di ascoltare la persona, ancor prima di vedere come si muova sulla sedia, ancor prima di comprendere cosa faccia in relazione al dolore o cosa vorrebbe fare se non lo avesse, il terapeuta prende in mano i referti e si immerge in essi alla ricerca della risposta ha già perso la battaglia. La soluzione non è lì. Così facendo si avvalora una visione che sovrappone e unifica un’alterazione tissutale all’individuo. Il soggetto viene identificato con la patologia, se di patologia si tratta.

E se la protrusione lombare fosse una normale degenerazione di una struttura invece che un’anomalia? Un fisiologico invecchiamento di un tessuto invece che una malattia da risolvere?

Il soggetto non è l’ernia cervicale, la calcificazione, la sciatica. Alcune manifestazioni non possono essere rimosse dal corpo: la quasi totalità delle protrusioni e delle ernie non saranno operate. È quindi inutile partire da lì.

Quello da cui si deve partire è la comprensione dell’essere umano che si ha di fronte. Quindi quello che può rappresentare un problema è cosa il soggetto fa e cosa non fa, i suoi valori, le sue convinzioni, la sua mancata conoscenza del dolore come manifestazione fisiologica (seppur indesiderata).

Con un altro tipo di paziente, quello che dice “guardi ho fatto anche questo esame”, è sufficiente dire “lo metta da parte, poi lo guardiamo”. Procedendo nell’anamnesi: “di cosa si occupa, cosa fa nella vita? da quanto ha male? in cosa la limita, quando e come si manifesta il dolore? …”

Il paziente sicuramente più difficile è quello che arriva con il plico di esami, quello che antepone al presentarsi l’esito della risonanza.

“Buongiorno, allora… io ho un’ernia in L5-S1”.

In queste situazioni si arriva quasi allo scontro tra terapeuta e paziente. Così non fosse si rischierebbe di essere inghiottiti nella visione distorta del soggetto, che finora non ha portato a nulla, ma che gli dà in qualche modo sicurezza.

Gli dà conforto perché c’è un referto medico; perché la presenza di una degenerazione lo sgrava da ogni responsabilità; perché è una visione che è stata costruita e radicata negli anni. Anni necessari a raccogliere tutti gli esami contenuti in una cartellina ricolma o un quadernone straripante.

L’educato scontro è necessario per contenere il paziente e ottimizzare il tempo del primo incontro e dargli tutte le informazioni utili, spiegargli la bontà e l’innegabile efficacia di una nuova visione che metta lui al centro e non un referto.

Questo momento con alcuni soggetti costa molte energie. Il paziente, pur avendo preso appuntamento con un osteopata dopo i tanti medici specialisti, pur arrivando tramite passa parola “Vai da lui che è bravissimo, mi ha sistemato in tre trattamenti”, sembra non volersi staccare dalla sua vecchia visione. Sembra nemmeno voler credere nelle sue potenzialità, nei miglioramenti che deriverebbero attuando dei cambiamenti attivi e non solo affidandosi all’imposizione delle mani del fisioterapista, osteopata, o X.

Invece che dedicarsi alla raccolta compulsiva di esiti di esami, alla ricerca spasmodica del medico risolutore, il paziente deve rispondere ad una semplice domanda: “Cosa faccio per stare bene?”

Se la risposta fosse difficile da trovare, o fosse “Nulla. Non faccio nulla per stare bene. So che dovrei bere di più… Non faccio attività da 5 anni. Non ho nessuna coscienza e controllo di quello che mangio. Dormo poco…”. Allora è inutile fare una radiografia, arrabbiarsi col medico perché non ha prescritto una risonanza magnetica, o cercare la soluzione al proprio male nell’esito di un esame.

La visita con me, Mirco Boccolini osteopata a Venezia Mestre, potrebbe essere quello che serve per abbandonare la vecchia concezione dove la salute è in mano al caso, ai cambiamenti climatici, e totalmente delegata e richiesta agli altri (medico, fisioterapista, osteopata).

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