INFIAMMAZIONE DEL TENDINE D’ACHILLE – L’ANAMNESI
Uomo, sulla quarantina, sportivo. Il dolore è localizzato al tendine d’Achille dell’arto destro, a volte sulla parte interna del calcagno, soprattutto se sottoposto a carico e dopo l’attività fisica. Spesso soffre di tensioni al collo, a sinistra.
Aspetto importante è il fatto che il problema persisteva, con alti e bassi, dal 2016. I questi anni il dolore è stato gestito con un integratore di glucosamina e condroitin solfato suggerito dal medico. Ultimamente il paziente svolge esercizi specifici per il tricipite della sura (“polpaccio”), sia concentrici sia eccentrici trovati su un tutorial in internet. Da più di vent’anni utilizza, e fa controllare con regolarità, un paio di plantari.
La storia remota non mette in luce nulla (no fratture, distorsioni, incidenti, interventi).
L’analisi degli apparati mostra ripetute infezioni alle vie aeree superiori con conseguente terapia antibiotica. Relativamente all’apparato digestivo sia ha alternanza di periodi di diarrea a normale evacuazione; un episodio emorroidale recente; eruttazione. Ogni tanto risvegli notturni, legati a momenti stressanti.
TENDINITE CALCANEARE – ANALISI POSTURALE e OSTEOPATICA
All’osservazione la spalla destra è più alta; diverso sviluppo dei muscoli pettorali dovuto allo sport asimmetrico; il ventre si presenta gonfio nonostante il soggetto sia normopeso. Di profilo si nota il bacino in antiversione (“atteggiamento spanciato“); spalle anteposte. Alla flessione avanti di tutto il corpo: la gamba destra tende al flexum (piegare avanti), la sinistra al recurvatum (iperestedere dietro); il bacino asseconda il movimento ruotando avanti, piccola zona di restrizione delle vertebre toraciche basse D8-D12.
Un test posturale conferma l’utilità e l’effetto positivo dei plantari.
Alla palpazione tutto l’addome appare turgido: il colon discendente gonfio e dolorabile, dilatato anche il colon ascendente sul lato destro. L’ascolto del sistema craniosacrale denota un ritmo lento, ma con movimento presente (Vedi Link)
INTERPRETAZIONE OSTEOPATICA: TALLONITE – INTESTINO
Cosa fa l’osteopata? L’osteopata raccolti tutti questi dati e annotate le proprie osservazioni, nella primo incontro deve stilare una gerarchia delle cause che sottendono al problema così da creare una strategia che porti al risultato.
La primarietà, l’elemento dominante, in questo caso era sicuramente il disequilibrio dell’apparato digerente, sia nella sua funzionalità a tratti alterata (periodi di diarrea, emorroidi), sia nel suo costante gonfiore (ventre prominente pur essendo un soggetto magro, ed eruttazione). Disbiosi che nel tempo ha potuto influire anche sulla fragilità della salute delle vie aeree superiori (il sistema linfatico mucosale dell’apparato digestivo e di quello respiratorio è lo stesso) per poi essere a sua volta alimentata dalla terapia antibiotica.
Il nesso tra intestino e tallonite risiede nella neurologia: gli stessi nervi che innervano l’intestino disturbato sono quelli che arrivano a gestire i muscoli della gamba creando eccessi tensivi. Anche la meccanica però ha la sua parte: il gonfiore addominale va gestito dal corpo. In piedi il bacino si inclina avanti per dare spazio e il ventre “spancia”. Dovuto al gonfiore il corpo non può flettersi bene in avanti per il volume che indurrebbe dolore e ciò mette in crisi nuovamente la schiena che si irrigidisce alimentando il circolo vizioso neurologico (una schiena rigida irrita le radici nervose dirette agli arti inferiori).
Al secondo posto, ma ben distanziato dal primo, abbiamo l’aspetto strutturale. Poco contano le differenze tra le spalle (Vedi Link), in parte dovute allo sport asimmetrico e quindi “volute e necessarie”. Di fondo andava lavorata la catena cinetica posteriore e il rapporto torace-addome.
Infine, utile un approccio cranio sacrale per ravvivare la forza, ritmo e ampiezza del cranio. Un’importante parte della gestione della peristalsi intestinale deriva proprio dal Nervo Vago, il decimo nervo cranico, e dalle radici nervose di emergenza sacrale.
IL CASO IN PRATICA
Tre incontri, nell’arco di un mese e mezzo, sono stati sufficienti per: comprendere il problema come descritto; manipolare le strutture che il paziente non poteva gestire in autonomia; educare il soggetto con consigli e rapide esercitazioni per occuparsi degli aspetti della sua salute alla sua portata.
Per il risultato è bastato lasciar passare del tempo senza dimenticarsi di fare la propria richiesta al corpo. Le cellule infatti risponderanno, con i loro tempi biologici (più rapidi di quanto si pensi), solo se stimolate con la giusta frequenza.
A circa tre mesi dal primo incontro: ” Ciao Mirco […] io sto abbastanza bene, ho continuato a fare gli esercizi che mi hai dato, mi sento più “morbido” a livello generale (schiena, pancia, etc.) e anche il dolore ai talloni è quasi sparito del tutto. Al momento sinceramente non sento la necessità di ulteriori trattamenti da parte tua e quindi per ora aspetterei per tornare da te. Spero che continuando una dieta corretta e facendo gli allungamenti costantemente riesca a mantenere questo buon equilibrio che insieme abbiamo creato. Ti ringrazio ancora e ci aggiorniamo prossimamente. “
Un aspetto da non dimenticare è che il risultato è stato costruito con tre incontri, in tre mesi, quando il problema persisteva ormai da molti anni, a dimostrazione della rapidità di risposta del corpo se la strategia attuata è quella giusta.