L’osteopata può lavorare online; ovviamente ci sono dei limiti, ma soprattutto nel primo colloquio è possibile fare molto. L’ostacolo è che proprio il nuovo paziente è quello che meno conosce l’osteopatia e che più si aspetta il massaggio. Scopriamo allora come l’osteopata, soprattutto se laureato in scienze motorie, in video-chiamata possa valutare i sintomi e la postura, come possa far eseguire dei test al paziente, ed avviare il miglioramento attraverso la spiegazione minuziosa di esercizi e il cambiamento di certe abitudini.
Terapia manuale online?
Anche a distanza un terapeuta manuale può essere utile, non attraverso il tocco bensì come guida tramite preziosi consigli ed esercitazioni. Questa possibilità è prevista e spiegata anche dall’A.I.FI. (Associazione Italiana Fisioterapisti) in un documento di trenta pagine. Leggere un corpo in studio o attraverso la videocamera non è poi tanto diverso, ed è facilmente realizzabile grazie all’attuale tecnologia.
Aiutare a distanza.
Per quanto mi riguarda, questa possibilità deriva dalla laurea in scienze motorie e dall’aver largamente approfondito la tematica dell’esercizio terapeutico. Già quattordici anni fa tramite esercizi di pilates (ma non solo) e posture Mèziéres (con pancafit®) portavo al benessere soggetti con diverse problematiche; questo senza l’utilizzo delle mani che poi sarebbero diventate il mio strumento di lavoro.
Anamnesi osteopatica.
In periodi come questo posso tornare a consigliare esercizi mirati, ma con qualcosa in più: la visione osteopatica fondata su una minuziosa intervista iniziale. “Ho male alla spalla” non ci si limita al “fai questa sequenza di esercizi specifici per la spalla”. L’indagine è fondamentale. Il resoconto non deve considerare solo il dolore e l’area in questione , ma deve essere globale. Si parte dal dolore presente ma si sonda anche il passato (traumi, operazioni, cicatrici), così come le funzioni organiche (funzione respiratoria, digestiva, storia odontoiatrica, ginecologica/andrologica, qualità del sonno, abitudini alimentari). Solo così si può avere un’idea del perché il corpo sia giunto a manifestarsi con quel sintomo. Altrimenti l’analisi del dolore resta puntiforme, un’informazione a sé stante; non si sa come sia arrivato, non si sa che strada stia prendendo e risulta difficile pianificare una strategia efficace, valida a lungo termine.
In studio o in videochiamata: poca differenza.
“Ho male all’anca se faccio così, ho bisogno di un massaggio” Non è così. Anche se il primo incontro fosse presenziale, in studio, il trattamento manuale rappresenterebbe una percentuale davvero minima, e molto spesso riguarderebbe la componente cranio-sacrale. In altre parole nel primo incontro, anche potendo mettere le mani sul collo dolente, sulla schiena infiammata, o sull’ernia, non lo farei, prediligendo tecniche globali. A fine colloquio poi non congederei il paziente prima di avergli insegnato alcuni esercizi. In questo modo il soggetto, nei giorni a seguire, non resterebbe passivo in attesa del miracolo, non scaricherebbe la responsabilità della cura sul terapeuta. Dominando gli esercizi il paziente può rimboccarsi le maniche e, in sicurezza, rafforzare il proprio corpo, riscoprendolo. Il processo di guarigione quindi va innescato nel paziente, non instillato.
Frequenza.
Forse non tutti sanno che dopo il primo incontro con l’osteopata, il secondo è pianificato a distanza di sette giorni, più spesso quindici, ma a volte anche con tempistiche maggiori, a trenta giorni. Tempistiche ben diverse dall’approccio fisioterapico classico (da una a tre sedute alla settimana). Questo significa che il soggetto ben istruito, anche in videochiamata, nel tempo può autonomamente produrre più dell’osteopata nel singolo trattamento in studio. La matematica infatti è a favore del paziente. A casa si può fare più di quanto si pensi: ogni giorno si potrà investire sulla propria salute e si vedrà la motivazione crescere quando si scoprirà la relazione diretta tra il fare gli esercizi e il sentirsi bene.
È il momento di agire.
Fare qualcosa a casa: il momento storico lo rende particolarmente facile. Diverso sarebbe dover lavorare otto ore, si aggiungano due ore di spostamenti nel traffico, le spese, gli impegni, preparare i pasti, i figli da portare in piscina, più varie ed eventuali… Sicuramente in uno scenario di normalità, con un sintomo non troppo invalidante, si tende a mettersi da parte, se non a dimenticarsi totalmente delle esigenze del corpo. Si cercherà allora il medico che prescriva l’antinfiammatorio, il fisioterapista che faccia il massaggio, oppure l’osteopata che faccia il miracolo con le sue, a volte, strane tecniche. Insomma nel consueto turbinio di impegni si tende a sgravarsi della responsabilità del proprio benessere per caricarla sulle varie figure professionali, oppure affidarla alla sorte con un bel “passerà”. L’incontro con l’osteopata, sia pur in videochiamata, può rappresentare l’innesco del cambiamento.
I tempi biologici del miglioramento.
Per appiccare un vasto incendio basta una scintilla; per ritrovare il benessere basta contattare un buon osteopata. Un professionista serio, competente e con esperienza, è in grado di guidare un soggetto anche a distanza e senza il tocco (che aiuterebbe, ovvio, ma ora non è possibile). Compito dell’osteopata è anche quello di insegnare al paziente a vedere il risultato. Alcune persone con Dolore100, anche quando avranno Dolore50 alla domanda “come va?” risponderanno “ho sempre male”. Così facendo si rischia anche di fuorviare un terapeuta poco esperto. Il paziente a volte si aspetta la totale scomparsa del dolore. L’obiettivo è certamente quello, ma si deve procedere con obiettivi intermedi raggiungibili. La biologia spesso non prevede salti quantici, acceso-spento; il recupero funzionale è progressivo. Non percepire il graduale procedere dei risultati rischia di demotivare il paziente che rischia di abbandonare un percorso terapeutico valido. Il corpo è plastico, cioè disponibile al cambiamento, si lascia plasmare; ma questo non avviene da solo, e non in un giorno. Tutto dipende dagli stimoli che gli vengono dati. Non ci si può aspettare che si passi dal dolore al non-dolore dopo anni di sedentarietà, attività ripetitive o non curanza nei confronti delle necessità dell’organismo. Il dolore non è un interruttore acceso-spento, spesso se compare un fastidio questo si è instaurato nel tempo, non dall’oggi al domani, senza che ce ne rendessimo conto. Il primo passo quindi è un cambiamento di atteggiamento. Quello che invece non ci si aspetta, ma che avviene, è che l’organismo, correttamente stimolato, spazzi via mesi e anni di negligenza in pochi giorni a volte, o settimane. Doveroso quindi l’impegno, l’adesione costante ad un progetto, che è la salute; e l’attesa-attiva del trascorrere del tempo biologico che il tessuto necessita per cambiare, migliorare. Il terapista mette in campo la conoscenza e dà gli strumenti, la responsabilità è però del soggetto.
L’attesa.
L’attesa passiva non è una strategia vincente perché il problema non passerà, il problema al massimo tende a nascondersi: se il fastidio sembra passare è perché il corpo si è adattato cedendo qualcosa, perdendo capacità. Quindi quando arriverà una nuova richiesta per l’organismo il problema riemergerà più forte di prima e più difficile da mandar via (a volte in aree diverse senza apparente connessione al primo fastidio).
Il tocco utile, ma non necessario.
Il tocco del terapeuta rappresenta un’iniezione di energia esterna al sistema, velocizza il risultato; fondamentale quindi per motivare il paziente nel suo percorso, ma anche da soli si può fare, richiede solo una frequenza un po’ più fitta. Quando, più di dieci anni fa, facevo lezioni personalizzate di ginnastica posturale non toccavo le persone, eppure aiutavo a costruire benessere settimana dopo settimana. L’obiettivo era far muovere il soggetto in un ambiente sicuro, dove la spalla, la colonna, il ginocchio in questione si sentissero sicuri e fiduciosi, senza paura di lavorare per riacquisire funzionalità. Anche con una metodica online posso insegnare e dare gli strumenti necessari allo star bene, così come faccio in studio. Il motivo di questo modus operandi anche prima della quarantena è presto detto: in tal modo non si crea dipendenza dal terapeuta/”massaggio”, bensì si potenzia il soggetto donandogli coscienza e competenze. Vi è una crescita, che genera un miglioramento facile da mantenere a lungo termine perché i tessuti sono correttamente stimolati da dentro, con costanza e in autonomia.
L’inizio del progetto salute.
Manca il contatto ma non manca l’ascolto, e grazie alla tecnologia si può comunque instaurare un rapporto empatico in cui l’osteopata guida il paziente partecipando ad un progetto comune: la salute. Il fastidio, il dolore non è frutto del caso o della sfortuna, e il terapeuta rimette tutto a posto. La problematica è frutto di ciò che facciamo e di ciò che non facciamo (sedentarietà) senza però averne consapevolezza e sottovalutandone le conseguenze. In studio nel primo appuntamento c’è tanto ascolto,tanta osservazione, tanto ragionamento. Concludendo: in videochiamata, così come in studio, si può fare una visita osteopatica, si può valutare, si possono individuare le cause del problema, e quindi si può aiutare il paziente a stare bene.
Entrate quindi in contatto; non date il tempo al fastidio di strutturarsi. Potete usare il mezzo che più vi è comodo: telefono, whastapp, email, facebook, messenger.