TACCHI E POSTURA: la leggenda del tacco basso

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TACCHI E POSTURA: la leggenda del tacco basso

Avete mai sentito dire che la scarpa perfetta dovrebbe avere un po’ di tacco? Analizziamo alcuni aspetti di questa affermazione.

6 milioni di anni fa l’australopiteco poi 2,4 milioni di anni fa il primo homo: cranio allungato, altezza media tra il metro e il metro e trentacinque. Da allora grandi cambiamenti. “In tutto questo tempo, e con tutte queste trasformazioni l’evoluzione non ci avrebbe donato 3cm di osso in più dove già ce n’è?”

Osservando un’immagine ai raggi X del piede si noterà infatti che di fatto la Natura ci ha dotato di un tacco: il calcagno. Questo è l’osso più voluminoso del piede e scarica a terra metà del nostro peso rivestendo un ruolo fondamentale sia nella statica che nella dinamica.

Avere molti o pochi centimetri di tacco significa spostare anteriormente il baricentro, trasferendo il peso su strutture non evolutesi a tale scopo, e quindi non adatte.

La conseguenza più innocua è il formarsi di callosità sotto la parte anteriore del piede, poi dolori ai metatarsi (avampiede), alluce valgo, fino alla vera e propria sindrome di Morton. Le complicazioni, o meglio gli adattamenti, però non si fermeranno ai piedi, forzando le ginocchia, le anche, alterando la postura (curve rachidee).

Ovviamente non rappresenterà un problema portare i tacchi in una serata speciale, una giornata intera di matrimonio o in qualsivoglia occasione lo richieda. Il corpo sarà messo in difficoltà, e perciò indotto al cambiamento, dalla ripetizione dello stimolo (il tacco). Avere un rialzo sotto il calcagno tutti i giorni, anche di pochi centimetri, pensando magari che possa essere addirittura positivo perché lo si sente dire spesso anche da figure “addette ai lavori”, questo è il problema.

La credenza sugli effetti positivi dei tre, quattro centimetri di tacco poi viene in qualche modo agevolata dai segnali che il corpo sembra dare, se mal interpretati. La donna infatti sarà spinta verso il tacco perché al portare calzature basse o nel camminare scalza sentirà fastidi ai calcagni e al tendine achilleo. Questo succede perché non solo il soggetto è abituato ormai al rialzo, ma perché il corpo si è già adattato, è già cambiato in funzione dello stimolo ripetuto. Sollevare il calcagno dal suolo significa ridurre la lunghezza di certi muscoli, così facendo i muscoli detesi non sono utili, il corpo allora li accorcia rimettendoli in tensione e pronti a scattare. Quando il soggetto quindi scende dai tacchi per mettere le ciabattine in casa, oppure in estate utilizza infradito e scarpe basse, il muscolo accorciato, ad esempio il polpaccio, necessita della sua originale lunghezza e tirerà il tendine con inserzione sul calcagno, dando luogo a fastidi, dolori, tendiniti, fasciti.

Se il problema quindi, più che nel tacco, sta nella frequenza con cui lo si porta, la soluzione va cercata con frequenza. Portando i tacchi tutti i giorni per lavoro o perché semplicemente ci si vede più alte, slanciate e belle, sarà necessario dedicarsi quotidianamente a riallungare quei muscoli che altrimenti si accorceranno modificando la postura, portando a infiammazioni, fino a vere e proprie modificazioni ossee.

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