HO UN’ERNIA, COSA FARE

Condividi su:
Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin

HO UN’ERNIA, COSA FARE

“Ho un’ernia, quindi è normale che abbia male. Cosa posso farci?… me lo tengo!” La realtà fortunatamente è diversa dalle credenze di questo paziente.

Il corpo non prevede un solo elemento per compiere una funzione, bensì coinvolge varie strutture che compartecipano ad uno stesso scopo. L’adduzione del braccio, ad esempio, è fatta sia dal gran pettorale sia dal gran dorsale, muscoli che nell’immaginario comune sono antagonisti (con funzioni opposte). Un altro esempio, più vicino all’argomento, è l’innervazione di una certa area corporea. Prendendo in considerazione la radice di L5, sulla quale potrebbe agire la discopatia, è bene sapere che probabilmente la stessa area riceve anche alcuni filamenti provenienti da L4 e da S1 che mantengono la conduzione delle informazioni. Il corpo insomma, molto intelligentemente, si è tutelato per non perdere la capacità di svolgere funzioni anche se qualcosa andasse storto.

Tornando all’erniazione, oppure alla protrusione (fase antecedente alla rottura), di un disco intervertebrale è bene chiarire che questi eventi rappresentano l’effetto e non la causa. Quindi l’atteggiamento remissivo nei confronti del dolore dev’essere sostituito da un positivo atteggiamento rivolto all’agire. Bisogna quindi chiedersi il perché di questo cedimento, e cosa si può fare a riguardo. Perché viene un’ernia in L5-S1 oppure tra C5 e C6 (sigle che indicano le vertebre tra cui è avvenuta la rottura discale)?.

Coloro a cui tramite risonanza magnetica sia stata diagnosticata un’ernia devono sapere che un’alta percentuale di ernie è asintomatica*, cioè non causa dolore al soggetto che continua normalmente la propria vita. Ciò significa che l’ernia non è condizione tale da motivare da sola il dolore. Anche questo dato deve far muovere il soggetto alla ricerca delle cause che hanno convogliato su quel disco intervertebrale forze tali da romperlo.

L’esistenza di questa necessità viene rivelata anche leggendo le statistiche riguardanti le recidive**. Soggetti operati, che però si siano limitati a questo approccio totalmente passivo, sono esposti al rischio di una rottura recidiva; si assisterà quindi all’erniazione sullo stesso livello o poco sopra/sotto.

“Ho un’ernia, cosa posso fare?”

Affidare il proprio benessere a farmaci, alle visite specialistiche, alla chirurgia, oppure passivamente ad un fisioterapista risulta sicuramente comodo. Si attua infatti uno scarico totale delle responsabilità.
Si è già compreso come il fatto di avere un’ernia non sollevi il soggetto dal dovere di fare qualcosa; allo stesso modo le varie figure professionali coinvolte devono aiutare il paziente nel suo cammino di riscoperta delle capacità corporee.

Un ottimo strumento per riappropriarsi del proprio benessere, e lavorare sulla propria ernia è il movimento: un movimento ponderato e “in ambiente protetto”. Il corpo ha dei sistemi di sicurezza, e spesso ciò che li fa scattare è il dolore. Sentito il dolore, il corpo eviterà di riproporre certi gesti mettendo in sicurezza l’area, attraverso l’immobilizzazione. In osteopatia però si sa che dove non c’è movimento apparirà la patologia, e che una zona ipofunzionante porterà un’altra a lavorare per due (abbiamo detto che il corpo possiede più componenti per svolgere un lavoro). Quindi percepito un fastidio, il corpo crea schemi motori alternativi non dolorosi ma poco economici, che concentreranno nuovi stress meccanici in aree in quel momento disponibili e che a medio-lungo termine cederanno. Ecco spiegata una possibile genesi di un’ernia che, una volta operata, sarà sempre in pericolo  di recidivare (tra il 5% e il 18% di possibilità**) perché le strutture ipofunzionanti sono ancora presenti e continueranno a convogliare lì le forze.

Lo scopo dell’osteopata è di ristabilire la giusta mobilità in aree anche lontane dal problema, per poi (se laureato anche in Scienze Motorie) insegnare al soggetto a muoversi. Il corpo, allarmato dal dolore, andrà infatti aiutato attraverso la rieducazione motoria a destrutturare gli schemi motori antalgici e condotto alla riscoperta della propria capacità di movimento. Sarà poi compito del paziente ridare fiducia al proprio cervello, forza ed elasticità al proprio corpo ripercorrendo la strada tracciata insieme all’osteopata e al laureato in scienze motorie.

* Systematic Literature Review of Imaging Features of Spinal Degeneration in Asymptomatic Populations W. Brinjikji, P.H. Luetmer, B. Comstock, B.W. Bresnahan, L.E. Chen, R.A. Deyo, S. Halabi, J.A. Turner, A.L. Avins, K. James, J.T. Wald, D.F. Kallmes, and J.G. Jarvik 

** Crock HV. Observations on the management of failed spinal operations. J Bone Joint Surg Br. 1976;58:193–199. // Ebeling U, Kalbarcyk H, Reulen HJ. Microsurgical reoperation following lumbar disc surgery. Timing, surgical findings, and outcome in 92 patients. J Neurosurg. 1989;70:397–404. doi: 10.3171/jns.1989.70.3.0397. // Law JD, Lehman RA, Kirsch WM. Reoperation after lumbar intervertebral disc surgery. J Neurosurg. 1978;48:259–263. doi: 10.3171/jns.1978.48.2.0259. 

I nostri partner

RADIOGRAFIE E RISONANZA DALL’OSTEOPATA

NON SOLO CERVICALI: TRATTAMENTO DEL NERVO VAGO

PROGETTO “ORIZZONTI DI BENESSERE” Jesolo

L’ABITO DELLA FERRAGNI VISTO DA UN OSTEOPATA

L’ELEVATORE DELLA SCAPOLA IN OSTEOPATIA

PAVIMENTO PELVICO & OSTEOPATIA