Il paziente che deve fare dell’ortodonzia, può trarre più di qualche beneficio nel rivolgersi contemporaneamente all’osteopatia. Vediamo perché.
L’ortodonzia studia e corregge la malocclusione.
Il corpo umano è pervaso da recettori che, informando costantemente il cervello, definiscono le nostre risposte posturali all’ambiente (interno ed esterno). Un importante modulatore posturale è il sistema stomatognatico, che molto semplicisticamente si può riassumere nella parola “bocca”; in realtà comprende tutte quelle strutture in relazione alla fonazione, respirazione, mimica, salivazione, masticazione, deglutizione.
Compresa questa connessione tra la bocca e la postura, facilmente si comprende la necessità che il trattamento osteopatico accompagni il percorso terapeutico ortodontico.
Scopo dell’osteopata non sarà solo quello di trattare e liberare le strutture prettamente in connessione col sistema stomatognatico, bensì sarà anche quello di dare a tutto il sistema posturale la massima disponibilità per accettare i cambiamenti in arrivo ed evitare scompensi posturali (finanche scoliosi).
L’ideale sarebbe poter vedere il soggetto due o tre volte prima dell’inizio della terapia ortodontica. Nel momento in cui i test posturali sono stabili e i tessuti liberi si potrà cominciare serenamente il lavoro correttivo in bocca.
Se non si palesassero sintomi indesiderati come forti cefalee in primis, o dolori nuovi e mai percepiti prima, il paziente potrà essere visto dall’osteopata al termine del trattamento dentistico. Pianificando poi un ricontrollo a sei mesi di distanza.
Grazie a questo lavoro d’equipe col dentista si riducono le resistenze tissutali rendendo le correzioni ortodontiche più veloci, stabili e prive di complicazioni posturali. Tali collaborazioni e accortezze si rendono ancor più necessarie se si considera che i pazienti di cui stiamo parlando, quelli che mettono l’apparecchio, molto spesso sono in età di accrescimento.